Amore e Morte, i caratteri epici di Gomorra – La serie (Episodio FINALE)

Signore e signori, possiamo confermarlo: l’Italia è finalmente sui binari giusti nella produzione di serie televisive. Dimenticatevi i simpaticissimi Cesaroni e le straganti richieste di mortazza di Nonno Libero nelle 651 stagioni di Un Medico in Famiglia, qui parliamo d’altro. E parliamo anche di un’altra “famiglia” in cui non ci sono medici, ma la peggiore feccia della società italiana e, nella fattispecie, partenopea. E questa categoria sociale viene declinata alla perfezione in quella che è Gomorra – La serie, andata in onda sull’ottimo Sky Atlantic, tratta dal best-seller di Roberto Siano e già portata sul grande schermo da Matteo Garrone.

Se il libro descriveva il sistema camorristico con riferimenti a clan e criminalità legata alla potenza politica, questa volta siamo danti ad una grande storia che riprende i toni epici delle grandi storie. L’unica differenza è che qui non abbiamo nessun uomo pio”, ma soltanto persone che operano in nome di un falso rispetto e di una vendetta fatta di violenze e truci uccisioni.

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Roberto Siano ha scritto questa mattina un articolo su Repubblica di cui vi riporto un estratto: <<E ancora oggi molti criticano Gomorra, la serie tv. Napoletani che si sentono umiliati, italiani che lo vedono come un modo per diffamare il paese. Eppure – con la puntata che si conclude oggi – questa è la serie italiana tv più vista di sempre, ed è già stata venduta in 50 paesi>>.

Ed ha ragione.

Ha ragione perchè siamo proprio nel momento storico in cui possiamo tornare a denunciare, così come fece il nostro cinema Neorealista sul finire del secondo conflitto mondiale, tutto l’orrore che una città come Napoli e un Paese come l’Italia sono costretti a subire. Lungi da me fare lunghe disquisizioni sulla situazione sociale e politica in cui riversiamo, ci si ridurrebbe a discorsi da bar e si passerebbe dalla politica italiana alla convocazione di questo o quello ai mondiali di calcio.

Ieri sera sono andate in onda le ultime due puntate della prima stagione, nelle quali abbiamo potuto assistere a grandi colpi di scena tra cui la scoperta dell’infamità di Ciro Di Marziola liberazione finale di Don Pietro Sastano successivamente al trasferimento dal 41/bis.

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Nella seconda metà della prima stagione, successivamente agli eventi di cui vi ho già parlato in questo articolo, il motore della narrazione è viato da due grandi temi del mito che sono Amore  Morte, Eros e Thanathos. Parliamo di un amore che va oltre il semplice sentimento erotico che, nella prima parte, vedeva protagonista gli impulsi sessuali di Genny e che, successivamente, venivano utilizzati per ottenere i fori della figlia di uno dei candidati alle comunali di Giugliano, un uomo da corrompere con la testa e non con i soldi. L’amore a cui assistiamo è un amore vero, il primo amore bambino di Danielino per Manu, quello che racconta gli affetti familiari dei “vecchi”, ed è anche un amore falso, che ci descrive una finta amicizia tra CiroGenny, una distaccata passione tra Donna Imma e suo figlio che si trovano dal primo minuto del primo episodio, fino alla fine, in un vortice epico che ci ricorda tanto le vicissitudini dell’Edipo Re di Sofocle che parla della fragilità dell’esperienza umana, per cui basta un singolo evento a distruggere tutto ciò che l’uomo costruisce.

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Ed è proprio di un evento di cui parliamo per cui dall’Amore siamo trascinati alla Morte, all’ultima morte importante, quella di Donna Imma che, ha cercato di rimediare non soltanto alla distruzione che stano per portare Ciro e Salvatore Conte, ma al primo elemento di distruzione che ha portato a tutti gli altri eventi. La colpa è di ere troppo amore per i propri figli e la difficoltà nell’educarli seriamente: il regalo di Don Pietro  a suo figlio, una moto distrutta in un incidente per l’impossibilità di amare e sapersi comportare (vi ricordate di Noemi?), la successiva chiusura nel carcere e poi l’allontanamento per rinvigorire il carattere di Genny.

Un filo rosso che accompagna tutta la serie, lo stesso filo che attrersa l’Edipo Re nell’inevitabile processo di distruzione.

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