Transcendence, quando le emozioni non bastano.

 

A cura di Livio Ascione e Alina Gnerre.

 

Ieri sera siamo stati in sala a vedere Transcendence, esordio alla regia di Wally Pfister, direttore della fotografia di Christopher Nolan (premio Oscar per Inception e autore della fotografia della saga di Batman e The Prestige), rapiti dal trailer che ci evano proposto qualche giorno prima e che vi mostriamo qui.

Sembra il classico scenario sul rapporto tra uomo e macchina, ma porta qualcosa in più al panorama del genere thriller fantascientifico. Il 2014 sembra essere l’anno delle interazioni digitali (si osservi il caso di Her di Spike Jonze) e ci troviamo nel momento in cui si comincia a sognare l’abbattimento del muro che divide il reale dal virtuale. Questa necessità viene un pò per evoluzione tecnologica, ma soprattutto per la necessità di valicare le colonne d’Ercole della conoscenza e creare delle nuove divinità, degli esseri fatti come gli uomini e con la potenza di calcolo meccanica.

Transcendence indaga proprio su questi temi e propone un punto di vista sulla condizione oltre-umana.

Will Caster

Il dottor Will Caster, il più importante ricercatore nel campo dell’intelligenza artificiale che lora per creare una macchina che combini l’intelligenza collettiva di tutto quello che è conosciuto con l’intera gamma delle emozioni umane, viene assassinato da terroristi anti-tecnologici. La moglie Evelyn ne carica il cervello in un computer, in modo che Will possa in qualche modo rivivere, comunicare e portare anti le sue ricerche.

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La possibilità di trasferire il contenuto del cervello umano in una macchina lascia una serie di dubbi etici sulla possibilità che un calcolatore possa ere una coscienza propria. Sono dvero solo umane le emozioni o possono appartenere anche alle macchine? Se Jonze ha indagato su una serie di emozioni simili a quelle umane ma incompatibili con la realtà, Pfister rilancia proponendo la nascita di un dio virtuale che aiuta gli uomini ma che non viene compreso e anzi, viene minacciato dagli uomini. “Gli uomini hanno paura di quello che non conoscono” viene detto diverse volte nel film. E’ semplice definire la paura come qualcosa di irrazionale, ma è interessante comprendere come l’uomo voglia costantemente mantenere il controllo sulle sue creature, anche nel momento in cui esse hanno il potere di evolversi al fine di garantire l’upgrade del nostro mondo.

Lanciare questo film nel weekend di Pasqua è stata probabilmente una scelta tattica. La metafora della vita e dell’ultraterreno che deriva dalla storia del Redentore che arriva per salvare gli uomini e da questi viene crocifisso, ci fa riflettere sulla nostra posizione nei confronti dell’ignoto. Vogliamo dvero conoscere fino a dove possiamo spingerci? O non siamo ancora pronti per valicare le porte della conoscenza?

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Guardando il film è stato fortissimo il richiamo alla mente del primo episodio della seconda stagione di Black Mirror, la miniserie britannica andata in onda su Channel 4 nel 2011.

 

Episodio “Torna da me” tratto dalla miniserie The Black Mirror

 

L’episodio in questione si intitola “torna da me” e racconta la storia di una coppia di fidanzati la cui felice quotidianità va in frantumi quando lui perde la vita in un incidente stradale. La ragazza tuttia, dopo un primo periodo di naturale disperazione, trova conforto in un servizio online che promette di creare un “clone” virtuale di una persona defunta. Ciò è possibile grazie alla funzionalità del servizio di analizzare gli stati ed i messaggi lasciati online dalla persona scomparsa sui social network. La ragazza inizia dunque a chattare con “il suo fidanzato” in maniera sempre più ossessiva fino a non riuscire più a distinguere il virtuale dal reale, arrivando al punto di acquistare un corpo fisico sintetico uguale al fidanzato deceduto.

Insomma, parafrasando una famosa frase, vi lasciamo con uno spunto di riflessione: il vero pericolo è che i computer inizieranno a pensare come gli uomini, o che gli uomini cominceranno a pensare come i computer?