Con #TIMgirlsHackathon programmare è un gioco da ragazze

Basta fare poche ricerche sul web per capire quante siano le testimonianze di donne che, non soddisfatte della loro posizione lavorativa e della mancanza di possibilità di crescita, hanno deciso di abbandonare il proprio lavoro.

Per molte donne ci sono alcuni ambiti, considerati di dominio maschile,  che sono inavvicinabili, e a volte la colpa è anche nostra. Ci nascondiamo dietro a parole come “pigrizia” o “mancanza di tempo” perché temiamo di non avere alcun diritto al riguardo.

La questione del gender gap è ora più sentita che mai, soprattutto da aziende come Google e Microsoft che periodicamente promuovono borse di studio a favore delle studentesse di informatica  ed incoraggiando l’assunzione di figure femminili.

Ne è un esempio anche Tim, che il 15 gennaio 2015 ha organizzato, in collaborazione con Codemotion,  il #TIMgirlsHackaton, un evento tenutosi in contemporaneaa di diverse città d’Italia.

Cos’è di preciso un hackathon? E’ una maratona di coding finalizzata a risolvere un problema attraverso l’ideazione e lo sviluppo di un’app.

Ma il #TIMgirlsHackathon è qualcosa di più: è stato infatti pensato per le ragazze dai 15 ai 18 anni delle scuole superiori di Torino, Venezia, Napoli e Catania, con lo scopo di realizzare un’app riguardante il cyberbullismo e soprattuto di avvicinare il mondo femminile alla programmazione contribuendo così a colmare il gender gap nelle professioni scientifiche.
Ho avuto il piacere di essere invitata come giurata a valutare i progetti realizzati insieme a Gianluca Pancaccini, Chief Information di TIM e Amministratore Delegato di Telecom Italia Information Technology, Chiara Marciani, Assessore Regione Campania alle pari Opportunità, Antonio Savarese, giornalista di Che Futuro e Data Manager e Patrizia Nobile, Responsabile People Value Telecom Italia Information Technology.
Insieme abbiamo ascoltato i progetti dei team formati dalle settanta studentesse provenienti da quattro istituti partenopei. Ogni team ha scelto il proprio nome ispirandosi alle muse della scienza: da Ada Lovelace Byron, prima programmatrice al mondo, a Marissa Mayer, amministratore delegato di Yahoo!.
Le ragazze, senza alcuna esperienza pregressa di programmazione, hanno avuto l’opportunità di conoscersi e di lavorare a stretto contatto per oltre sette ore, seguite da tutor e mentor.
Ciò che più mi ha colpito nell’ascoltare le ragazze fare i loro primi pitch, è stato senz’altro l’entusiasmo e la voglia di convincerci che il loro progetto meritava di vincere. Un atteggiamento necessario non solo in questa competizione ma nella vita. E loro lo hanno capito.
Nelle prove generali del loro futuro hanno saputo dimostrare come l’impegno e l’entusiasmo siano elementi indispensabili per realizzare i propri obiettivi.

Alla fine della giornata è stata valutata l’app vincitrice sulla base di quattro parametri: grado d’ innovazione, user experience, graphic design e attinenza al tema scelto.
Il team vincitore “Samantha Cristoforetti” ha ricevuto in premio Tablet Tim College per ciascun membro, e il mio augurio è che possa essere usato come mezzo per avvicinarle al loro futuro.

Attraverso lo sviluppo di un app si è dunque voluto arrivare a qualcos altro, uno scopo più grande e nobile: quello di avvicinare il mondo femminile alla programmazione e di far scoprire alle ragazze come il digitale può essere una grande passione oggi, e un vero lavoro domani.