The Last Guardian è un videogioco che vi porta indietro nel tempo, tra gioie e dolori!

Arriva il periodo natalizio e con esso la valanga di titoli che sbracciano e sgomitano per raggiungere le case dei video giocatori di tutto il mondo.

Il prodotto più interessante dell’ultimo periodo è stato, a mio avviso, The Last Guardian, la storia di un giovane ragazzo in fuga da quello che sembra un gigantesco castello in rovina situato nella conca di una montagna. Durante la sua avventura si svilupperà un forte legame tra il ragazzo e un’enorme creatura simile a un grifone di nome Trico.

The Last Guardian è un gioco che non avevate ancora giocato nella new generation di console, per un paio di motivi: il primo è dato dal fatto che questo gioco non segue le regole ormai canonizzate del free roaming per il genere di avventura, una scelta che si è dimostrata vincente per un titolo di successo come Uncharted 4, andando quindi contro corrente e dimostrando che si può ancora guidare l’attenzione del giocatore e non lasciarlo al suo destino verso la quest di nuove avventure e missioni parallele; il secondo motivo sta semplicemente nel fatto che questo gioco ha subito 10 anni di lavorazione e quindi somiglia più ad un gioco per Playstation 2 che per Playstation 4.

Mi spiego meglio: The Last Guardian è in tutto e per tutto un gioco che avremmo potuto tranquillamente giocare 15 anni fa, ma con una grafica affascinante e con una storia accattivante. Tutto ciò ha però necessariamente dei pro e dei contro.

Se vogliamo partire dai lati negativi, chi tra voi si è approcciato a questo titolo si sarà sicuramente reso conto che, spesso e volentieri, ci si ritrova a litigare con i comandi, il personaggio non risponde agli ordini e, cosa ancor peggiore, bisogna ripetere a Trico almeno 10 volte (Toriko..? TORIKOO?) una cosa per convincerlo ad accettare di ascoltarci o, cosa ancora peggiore, attendere che faccia di testa propria e ci porti dove dobbiamo andare.

Il fatto che lo sviluppo di questo gioco sia iniziato 10 anni fa non significa che nella versione finale il giocatore debba ad un certo punto stancarsi di giocare perché non è possibile saltare da una parte all’altra o perché ci si inceppa tra la testa della bestia e un muro del castello. Inoltre, cosa ancora più fastidiosa, è il fatto che la telecamera non segua adeguatamente l’azione, lasciandoci al dettaglio di un affascinante muro in pietra nel momento in cui avremmo bisogno di risolvere un enigma.

Tutti questi problemi non sono però abbastanza importanti (e snervanti) da farmi abbandonare l’idea di completare la storia del gioco in meno di 15 ore, prendendomela con un po’ di calma. The Last Guardian ha un fascino difficile da spiegare con le parole, ma è da giocare tutto d’un fiato e poi lasciare lì il ricordo di un’avventura che vi sembrerà di aver vissuto in prima persona.

Tra i lati positivi c’è sicuramente l’originalità della trama, l’elemento del mistero, tutto quello che può rimandare al legame ancestrale ed istintivo tra uomo e animale e, ovviamente, il fatto che The Last Guardian è proprio ingiocabile certe volte. Ma quanto era bella quella sensazione quando, da ragazzini, ci innervosivamo perché nel gioco cadevamo più volte da un dirupo?

“Ok, ora ho capito come si fa”, ci dicevamo. E poi un nuovo tuffo giù nel vuoto.

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