Elio Germano presenta No Borders, il primo documentario italiano in realtà virtuale

Se pensiamo alle prime produzioni della storia del cinema come “L’arrivo di un treno alla stazione de La Ciotat” dei fratelli Auguste e Louis Lumière o “Le Voyage Dans La Lune” di George Méliès ci rendiamo conto banalmente di quanto sia cambiato il cinema, ma soprattutto di quanto sia cambiata l’audience rispetto alle storie narrate, ma soprattutto rispetto all’innovazione tecnologica nel raccontare per immagini un’idea, un’emozione.

In questi giorni Elio Germano è al Festival del cinema di Venezia per presentare un progetto davvero interessante dal titolo “No Borders”, un cortometraggio che vuole immergere lo spettatore nel mare dei centri d’accoglienza per i migranti al fine di porre l’accento su come il nostro Paese stia reagendo a questa particolare emergenza. L’aspetto particolare di questo cortometraggio sta nella sua realizzazione: si tratta del primo progetto documentario italiano ad essere fruito in realtà virtuale, tramite un comune visore VR, uno smartphone e…15 minuti della nostra totale attenzione.

Lo scopo del progetto, diretto dal regista Italo-Iracheno Haider Rashid, è quello di far vivere un’esperienza immersiva all’interno del centro di accoglienza Baobab di Roma e del presidio No Borders di Ventimiglia in cui i migranti venivano accolti prima di superare il confine con la Francia. Uno scenario che ha occupato per mesi le pagine di cronaca dei principali quotidiani internazionali.

La ricerca di un reportage originale e soprattutto libero di generare una personale opinione nello spettatore ha permesso di sfruttare la particolare funzione immersiva delle telecamere a 360° che consentirebbe, come ha più volte dichiarato alla stampa il narratore Germano, di “considerare le persone come persone e non come numeri” vytorin drug.

Si tratterebbe così di verificare, con lo sfruttamento delle tecnologie VR dei prossimi anni, l’effettiva nascita di un “Neorealismo Virtuale” italiano che permetterebbe al nostro cinema una nuova vita, nuove storie, una nuova attenzione all’uomo della vita reale, quella che possiamo quasi toccare con mano.

La domanda sorge così spontanea come spesso accade negli ultimi anni quando ci troviamo a parlare di tecnologia ed audiovisivo: No Borders è davvero un prodotto di cinema?

Se ragioniamo sulla modalità di fruizione ci viene subito da rispondere in maniera negativa. Probabilmente non possiamo parlare di cinema senza immaginare un gruppo di persone sedute in sala a condividere una visione bidimensionale su un unico schermo posto esattamente davanti a loro. Ma cosa succede se portiamo un film nelle nostre case, sui nostri computer, tablet o altri mezzi di riproduzione? Lo spettatore si è già abituato a considerare un altro mezzo di fruizione, tralasciando la perdita di “aura” che il film ha subito nella sua riproducibilità, fuori dalle sale cinematografiche.

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Se Zuckerberg ha investito così tante risorse nello sviluppo del progetto Oculus Rift è proprio perché ha visto nella realtà virtuale la possibilità di un nuovo intrattenimento. Potremo così considerare un nuovo cinema immersivo fuori dalle sale dei parchi divertimento, verso una nuova forma di intrattenimento che non sostituirà mai la visione convenzionale ma che potrà arricchire il catalogo di storie a nostra disposizione.

Elio Germano è il narratore di una storia dove non esiste più un centro definito dallo sguardo del regista, ritornando alla possibilità che ha lo spettatore di scegliere dove guardare e consentendo ai registi di sperimentare nuove tecniche per cogliere l’attenzione.

Al festival di Venezia è anche il momento di un altro film in VR dedicato alla vita di Gesù, l’atteso titolo “JESUSVR” che racconta la storia del salvatore in modalità immersiva. Sembra così che il 2016 sia l’anno in cui si stiano realmente costruendo le basi per la fruizione di una nuova tipologia di cinema.

Ma cosa possiamo aspettarci in Italia?

Considerando l’attività del cinema italiano dell’ultimo periodo, ci rendiamo conto che gli spettatori sono pronti ad un salto innovativo, ma abbiamo bisogno di attendere ancora un po’ prima che il mercato VR raggiunga il vertice della sua espansione. Secondo una stima di Goldman Sachs la realtà virtuale dovrebbe garantire un introito di 80 miliardi di dollari entro il 2025 con circa 3,2 miliardi dedicati a video e intrattenimento. Una sfida piuttosto interessante per una serie di progetti che possono nascere dalle menti dei cineasti del nostro Paese.

Poco importa dunque se la destinazione finale è lo schermo cinematografico, la pagina Facebook o il visore VR, la cosa principale è saper raccontare una storia che sconvolga lo spettatore, un po’ come accadeva per il famoso arrivo del treno alla stazione de La Ciotat, cercando di collimare l’aspetto ludico a quello narrativo. Se produrremo contenuti di alta qualità come No Borders sarà il caso di parlare di un vero e proprio sviluppo di questa tecnologia nel settore audiovisivo.

Questo articolo è comparso su Wired Italia a questo link e ridistribuito secondo la licenza Creative Commons 3.0 nella normativa vigente